Alcuni giorni fa Thierry Breton, commissario europeo per il mercato interno e i servizi, ha inviato una lettera a X (social network un tempo chiamato Twitter) richiedendo di bloccare i contenuti di disinformazione pubblicati riguardo il recente attacco di Hamas contro Israele. Questo per evitare la distribuzione incontrollabile di fake news online.
Following the terrorist attacks by Hamas against ????, we have indications of X/Twitter being used to disseminate illegal content & disinformation in the EU.
Urgent letter to @elonmusk on #DSA obligations ?? pic.twitter.com/avMm1LHq54
— Thierry Breton (@ThierryBreton) October 10, 2023
La risposta di Linda Yaccarino, CEO a cui Elon Musk ha affidato le sorti della piattaforma, non si è fatta attendere. X avrebbe già provveduto a rimuovere numerosi account riconducibili all’organizzazione palestinese, sarebbero stati inoltre cancellati migliaia di tweet che, dato quanto previsto dal Digital Services Act, sarebbero stati sanzionabili.
Everyday we're reminded of our global responsibility to protect the public conversation by ensuring everyone has access to real-time information and safeguarding the platform for all our users. In response to the recent terrorist attack on Israel by Hamas, we've redistributed… https://t.co/VR2rsK0J9K
— Linda Yaccarino (@lindayaX) October 12, 2023
Stando a quanto dichiarato dalla dirigente, il social network si sarebbe dotato di un team appositamente costituito per la gestione della crisi mediorientale. In ogni caso le policy del servizio vietano già la condivisione di contenuti legati ad hate speech, estremismi di varia matrice, violenza e persino quelli generati dalle AI senza alcun intervento umano.
Nel caso specifico della vicenda che sta coinvolgendo Israele, diverse richieste di rimozione sarebbero giunte direttamente da autorità di polizia europee. Quanto sta accadendo riflette in buona parte l’esperienza negativa maturata negli ultimi mesi in seguito al conflitto tra Russia e Ucraina, con una produzione sterminata di contenuti fasulli e propagandistici.
Il DSA non si limita a consigliare regole di condotta ma prevede sanzioni anche pesanti in caso di mancata vigilanza da parte delle piattaforme, fino al 6% del fatturato annuale. Chiaramente è impossibile bloccare nell’immediato qualsiasi condivisione vietata dalla normativa ma quelle segnalate devono essere rimosse tempestivamente impedendo agli autori di proseguire nella propria attività di disinformazione.
