Brutte notizie per i produttori di contenuti, secondo il Global Internet Phenomena Report 2018 realizzato dai ricercatori di Sandvine la pirateria digitale starebbe registrando un nuovo periodo di crescita dopo alcuni anni di flessione costante. A favorire la diffusione di questo fenomeno sarebbe in particolare la ricerca di prodotti distribuiti in esclusiva dalle piattaforme di streaming video.
Per spiegare gli attuali sviluppi è necessario fare un lungo passo indietro fino agli albori della Rete come strumento di massa, tra la fine degli anni ’90 e l’inizio del nuovo millennio. Allora il file sharing illegale di contenuti coperti da diritto d’autore si era affermato perché per la prima volta gli utenti potevano accedere (gratuitamente) ad una programmazione non lineare, diversa da quella offerta dai broacaster.
Con l’arrivo di realtà come Netflix, interamente basate sui contenuti on demand, la pirateria digitale aveva trovato un nuovo argine anche grazie ai costi molto vantaggiosi per il consumatore. Questo fino a quando le piattaforme in abbonamento non si sono moltiplicate e hanno cominciato a puntare su produzioni esclusive accessibili soltanto agli iscritti.
Il ritorno alla crescita della pirateria digitale sembrerebbe ancora più marcato negli USA, dove le piattaforme per lo streaming video sono ormai decine in un panorama estremamente frammentato, ma la tendenza all’incremento sarebbe già di portata mondiale con un BitTorrent in grado di generare il 31% del traffico dati globale contro il 27% del 2015.
Considerando che ad oggi oltre il 57% del traffico Internet è prodotto dai soli video, si può avere la misura di un segmento il cui giro d’affari potrebbe essere fortemente danneggiato da un ulteriore risveglio della pirateria. A quel punto proprio gli investimenti per i contenuti esclusivi, effettuati anche grazie ai guadagni incamerati in seguito all’indebolimento del file sharing illegale, potrebbero diminuire considerevolmente.