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Piracy Shield: cos’è e come funziona la piattaforma antipirateria

Negli ultimi tempi si discute molto di Piracy Shield, la piattaforma antipirateria istituita da AGCOM (Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni), che ha sollevato non poche polemiche e perplessità.

Ma cos’è esattamente Piracy Shield? Come funziona? In questo articolo cercherò di rispondere a queste domande, facendo chiarezza sul funzionamento e sugli aspetti critici di questo strumento anti-pirateria.

Cos’è Piracy Shield?

Piracy Shield è una piattaforma tecnologica sviluppata da AGCOM per combattere il fenomeno della pirateria online in Italia, in particolare in risposta al problema del cosiddetto “pezzotto” e alla trasmissione illegale di eventi sportivi e altri contenuti protetti da copyright. Una piaga molto diffusa e che comporta danni economici molto importanti per i detentori dei diritti di eventi sportivi, film e serie TV.

L’obiettivo di Piracy Shield è quello di fornire uno strumento veloce ed efficace per bloccare i contenuti illegali agendo a livello di Rete, grazie alla collaborazione degli ISP, attraverso un blocco selettivo dei siti web che trasmettono illegalmente contenuti protetti da diritto d’autore.

Quali contenuti sono protetti da Piracy Shield?

Piracy Shield copre una vasta gamma di contenuti digitali protetti da diritto d’autore, inclusi:

  • Eventi sportivi live, come le partite di calcio della Serie A che sono, in assoluto, tra i contenuti più “piratati” in Italia
  • Film e serie TV
  • Musica e contenuti editoriali

Tutti i contenuti protetti da diritto d’autore sono potenzialmente idonei ad attivare lo “scudo” di Piracy Shield ma l’attenzione principale è rivolta ai contenuti trasmessi in diretta come le partite della Serie A e della Champions League.

Il contesto normativo di Piracy Shield

Istituita con la legge 93 del 24 luglio 2023, Piracy Shield funziona tramite un sistema di segnalazioni da parte dei detentori dei diritti (come Lega Serie A, Mediaset, Sky, Dazn, Netflix, ecc.) che vengono ricevute da AGCOM e, se confermate, trasmesse agli ISP affinché blocchino le richieste di accesso verso tali contenuti.

Il funzionamento della piattaforma Piracy Shield trova il suo fondamento operativo nel Regolamento AGCOM n. 680/13/CONS il quale consente ad AGCOM di intervenire rapidamente senza passare per la magistratura, conferendo all’Autorità i poteri necessari per emettere ordini di blocco ai fornitori di servizi Internet.

La procedura di blocco di domini e indirizzi IP

Gli interventi dell’Autorità avvengono tramite una procedura d’urgenza, particolarmente utile per bloccare in tempo reale l’accesso ai contenuti piratati, soprattutto in occasione di eventi in diretta come le partite di calcio.

Vediamo come si articola il processo:

  1. Segnalazione: i soggetti accreditati come segnalatori hanno facoltà di inviare all’AGCOM le segnalazioni di siti che violano i propri diritti d’autore (secondo quanto si apprende allo stato attuale sarebbero più di 300 le aziende accreditate presso l’AGCOM per l’invio di segnalazioni).
  2. Verifica e Valutazione: AGCOM riceve la segnalazione e verifica che si tratti effettivamente di un caso di pirateria.
  3. Ordine di Rimozione: se la segnalazione viene confermata, l’Autorità emette un ordine ai provider di servizi Internet (ISP) di bloccare immediatamente l’accesso ai contenuti illegali.
  4. Blocco degli IP Interessati: gli ISP hanno 30 minuti per impedire l’accesso ai domini e agli IP segnalati, tramite una blacklist che opera a livello di rete, evitando che gli utenti italiani possano raggiungere i contenuti incriminati.

In pratica, quando un utente cerca di accedere a un contenuto associato a un dominio o un IP presente nella blacklist, il provider blocca la connessione restituendo un messaggio di errore.

Il blocco, è bene sottolinearlo, vale solo per l’Italia quindi i servizi bloccati restano potenzialmente accessibili dall’estero.

Blocchi di servizi legittimi e Whitelist

La piattaforma, per come è stata concepita, presenta alcuni rischi operativi legati a blocchi erronei di risorse legittime. Per limitare questo pericolo è stata istituita una Whitelist di servizi essenziali che non possono essere bloccati, ma non si tratterebbe di una soluzione sicura al 100%. Il caso recente del blocco di Google Drive è un caso emblematico in tal senso.

Il caso Google Drive: 6 ore di blackout

Il 19 ottobre 2024, una CDN di Google Drive è stata erroneamente bloccata a causa di una segnalazione su Piracy Shield che includeva un indirizzo IP legato a una rete di distribuzione di contenuti di Google.

Questo errore ha causato sei ore di blackout per alcuni servizi Google, dimostrando come l’attuale configurazione di Piracy Shield possa risultare inefficace nel distinguere risorse pirata da contenuti legittimi che coesistono su uno stesso indirizzo IP.

Tale errore ha riacceso il dibattito sull’adeguatezza della whitelist – un elenco di domini e risorse essenziali che non dovrebbero mai essere soggetti a blocco – che, nonostante comprenda circa 11.000 elementi, non includeva l’indirizzo di Google che è stato bloccato!

Whitelist per domini istituzionali e servizi essenziali

La whitelist di Piracy Shield è stata implementata per prevenire il blocco accidentale di servizi essenziali, ma la sua applicazione non è omnicomprensiva. Include principalmente domini istituzionali e risorse degli ISP e titolari di diritti specifici, lasciando la maggior parte dei servizi a rischio di blocco accidentale… esattamente come accaduto con uno degli indirizzi IP di Google Drive.

Limiti tecnologici di Piracy Shield: il problema delle CDN e il ruolo delle VPN

Piracy Shield presenta alcune limitazioni tecnologiche significative, soprattutto per quanto riguarda l’uso delle Content Delivery Network (CDN) e delle VPN (Virtual Private Network).

Il Problema delle CDN

Le CDN sono progettate per distribuire contenuti digitali su scala globale, ottimizzando l’accesso per milioni di utenti. Tuttavia, per Piracy Shield, le CDN rappresentano un ostacolo perché ospitano contemporaneamente sia contenuti legittimi che potenzialmente piratati su uno stesso dominio o indirizzo IP.

Realtà come Google e Cloudflare gestiscono enormi reti di server su scala globale in cui “convivono” risorse di vario tipo, legittime e non. Sistemi come Piracy Shield non considerano queste situazioni e, come tali, il loro utilizzo può portare al blocco di servizi e risorse assolutamente legittime per il semplice fatto che condividono il medesimo indirizzo ip.

Una delle critiche a Priracy Shield è, appunto, nella scarsa granularità che impedisce di gestire correttamente situazioni come queste.

Il Ruolo delle VPN

Un’altra sfida tecnologica rilevante per Piracy Shield è rappresentata dalle VPN. Questi strumenti permettono agli utenti di mascherare il proprio indirizzo IP, aggirando così i blocchi geografici imposti dagli ISP italiani.

Utilizzando una VPN, infatti, gli utenti potrebbero accedere ai contenuti da indirizzi IP di altri paesi, che non sono soggetti ai blocchi di Piracy Shield.

Questo metodo, molto comune tra gli utenti, vanifica in gran parte l’efficacia delle misure di blocco, poiché Piracy Shield non può monitorare o limitare l’accesso alle VPN.

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Massimiliano Bossi
Massimiliano Bossi
Stregato dalla rete sin dai tempi delle BBS e dei modem a 2.400 baud, ho avuto la fortuna di poter trasformare la mia passione in un lavoro (nonostante una Laurea in Giurisprudenza). Adoro scrivere codice e mi occupo quotidianamente di comunicazione, design e nuovi media digitali. Orgogliosamente "nerd" sono il fondatore di MRW.it (per il quale ho scritto centinaia di articoli) e di una nota Web-Agency (dove seguo in prima persona progetti digitali per numerosi clienti sia in Italia che all'estero).

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