In vista delle prossime elezioni presidenziali (dall’esito per ora incerto), nessuna delle grandi aziende americane può ritenersi al sicuro senza curare la propria attività di lobbying, neanche la creatura di Mark Zuckerberg, che regna nel virtuale ma ha bisogno di "santi in paradiso" nel mondo reale.
L’attività di lobbyng negli Stati Uniti consiste, in estrema sintesi, nel finanziare le campagne elettorali di un dato candidato affinché venga eletto alla Casa Bianca. Ad elezioni concluse, quindi, si potranno inviare i propri portavoce a Washington per creare dei gruppi di pressione in grado di influenzare (più o meno pesantemente) le decisioni del leader in determinati settori considerati strategici.
Nello specifico, Facebook avrebbe speso ben 960 mila dollari per il lobbying nel trimestre tra aprile e giugno 2012, cioè oltre 300 mila dollari in più rispetto allo stesso periodo del 2011; obiettivo dei finanziamenti sarebbe soprattutto l’ottenimento di normative riguardanti la privacy.
I vertici del Sito in Blue non sono però gli unici impegnati in questi mesi nel lobbysmo high tech, nello stesso trimestre Google avrebbe infatti versato quasi 4 milioni di dollari per sensibilizzare la politica alla sua causa, mentre Microsoft avrebbe speso circa 2 milioni di dollari per le stesse ragioni.