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Gli autori di Petya chiedono 100 Bitcoin come riscatto

La crew di virus writers responsabile della creazione di Petya, il ramsonware che alcune settimane fa ha dato luogo ad un’infezione paragonabile a quella di WannaCry, avrebbero recentemente distribuito un comunicato ufficiale nel quale sarebbe stata pubblicata una richiesta di riscatto pari a 100 Bitcoin, circa 230 mila euro.

E’ probabile che il messaggio sia stato diramato in seguito agli scarsi guadagni derivanti dalla prima ondata dell’attacco: circa 10 mila dollari che gli autori di Petya avrebbero spostato dal wallet Bitcoin nel quale erano stati originariamente depositati per essere inseriti all’interno di un altro portafoglio virtuale.

Per dimostrare la veridicità delle loro affermazioni, gli autori del comunicato avrebbero deciso di linkare all’interno di esso due file cifrati utilizzando la stessa chiave di criptazione utilizzata per il ramsomware. E’ presente anche un collegamento ad una chat room che potrà essere utilizzata per eventuali comunicazioni.

Nonostante ciò diversi analisti di sicurezza avrebbero espresso dei dubbi riguardo alla paternità di questo contenuto diffuso attraverso le pagine di DeepPaste e Pastebin, ciò in particolare per via del fatto che non esisterebbe alcuna chiave con la quale decodificare i file che sono stati criptati. Petya infatti sarebbe stato creato per motivazioni diverse dal profitto.

E’ infatti opione comune presso gli esperti che il ramsomware sia stato sviluppato con il semplice scopo di arrecare il maggior danno possibile; tenendo poi conto della composizione degli utenti colpiti dall’infezione, una richiesta pari a ben 100 Bitcoin sembrerebbe effettivamente troppo elevata per essere presa sul serio.

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Claudio Garau
Claudio Garau
Web developer, programmatore, Database Administrator, Linux Admin, docente e copywriter specializzato in contenuti sulle tecnologie orientate a Web, mobile, Cybersecurity e Digital Marketing per sviluppatori, PA e imprese.

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