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Il valore legale delle email

Da tempo si discute in Italia circa l’efficacia delle e-mail quale strumento probatorio all’interno di un procedimento giudiziale. La questione, tuttora dibattuta, non sembra ancora essere giunta alla fine, essendo ancora oggi acceso il dibattito tra chi riconosce forza legale alla posta elettronica e chi, viceversa, le nega ogni rilevanza ai fini probatori.

Ma andiamo per gradi e vediamo di analizzare, innanzitutto, le avverse posizioni di chi sostiene e di chi nega valore legale alla posta elettronica.

A favore del riconoscimento di valore legale alle email

Chi sostiene la validità legale della posta elettronica lo fa sostenendo che l’accesso alla casella di posta, attività logicamente preliminare all’invio di una email, costituirebbe una forma "non convenzionale" di firma elettronica: accedendo alla casella tramite un username ed una password il mittente, in un certo senso, apporrebbe una "firma" al messaggio che ne garantirebbe l’autenticità.

Contrari al riconoscimento di valore legale alle email

Chi nega valore legale alla posta elettronica lo fa aderendo in modo fedele al dato normativo considerando l’e-mail alla stregua di un semplice documento informatico sprovvisto di firma elettronica (in senso proprio) e pertanto equivalente ad una mera riproduzione meccanica: secondo questo orientamento, quindi, l’email sarebbe equiparabile ad una semplice fotocopia e pertanto inidonea ad assurgere al ruolo di prova legale.

Il problema, pertanto, risiederebe nell’impossibilità di garantire l’autenticità circa la provenienza ed il contenuto di una email la quale, pertanto, non potrebbe/dovrebbe essere riconosciuta come strumento idoneo a costituire prova di fatti o manifestazioni di volontà.

Giurisprudenza

Nonostante le posizioni contrarie, bisogna prendere atto che negli ultimi anni si è registrato in Italia un orientamento giurisprudenziali per certi versi favorevole al riconoscimento di forza legale ai messaggi di posta elettronica: negli ultimi anni, infatti, sono numerosi i decreti ingiuntivi emessi sulla base di semplici scambi di email tra le parti: l’opinione diffusasi nei tribunali civili, pertanto, sembra a favore del fatto che lo scambio di corrispondenza elettronica possa essere considerata, alla stregua di un Fax, quale valido strumento probatorio.

Significativa, in tal senso, una sentenza (del 9/4/2005) emessa dal Tribunale di Ancona nel quale è stato riconosciuto valore alla corrispondenza scambiata tra due aziende a mezzo di semplici email: secondo i giudici del tribunale, lo scambio di epistole digitali sarebbe stato sufficiente a confermare – in via d’urgenza – le ragioni di una delle parti in causa.

Il valore così riconosciuto alle semplici email, tuttavia, non appare universale ne tantomeno incontrovertibile: la posta elettronica tradizionale, quindi, può essere validamente utilizzata in tribunale ma la sua forza potrebbe venire meno nel momento in cui l’altra parte ne contestasse la validità, sostenendo, ad esempio, che il messaggio è stato contraffatto oppure negandone la paternità.

Problematiche "tecniche" reative alla validità legale delle email

Da un punto di vista tecnologico, in realtà, la posta elettronica tradizionale sembra inidonea ad assumere quel livello tale di certezza che la materia sembra richiedere.

Un semplice messaggio email, infatti, potrebbe essere contraffatto con una certa semplicità: l’inserimento di una username ed una password, inoltre, non sembrano idonei a garantire in modo inequivocabile la provenienza del messaggio.

Attraverso un semplice client di posta, infatti, è possibile inviare email che appaiano, almeno a prima vista, provenienti da altro mittente, così come non è particolarmente difficile (per chi abbia le giuste conoscenze tecniche) modificare il contenuto dei messaggi presenti nella casella di posta se si dispone, ad esempio, di un accesso diretto al server di posta.

Le mail inviate ad indirizzi aziendali, quindi, sarebbero – a mio avviso – ancor meno idonee ad essere utilizzate in tribunale: in questi casi, infatti, la casella di posta è residente su un hosting (o peggio, su un server dedicato) di proprietà della stessa azienda ed al quale, con molta probabilità, la stessa ha accesso privilegato con poteri di tipo amministrativo.

Sicuramente più idonee ad avere valore legale, quindi, le mail ricevute su caselle "pubbliche" (come ad esempio Libero, Hotmail o GMail) ed ancora presenti sui server remoti (quindi non scaricate in locale): in questa circostanza, infatti, si può avere una maggiore certezza che il messaggio non sia stato "taroccato" ad arte.

L’utilizzo della semplice email in un procedimento, quindi, è – a mio avviso – assolutamente contestabile. In casi di una certa importanza, e qualora il contenuto della mail assuma un ruolo determinante, sarà pertanto necessario, in caso di contestazione della validità del messaggio, ricorrere ad un perito informatico che effettui una vera e propria analisi sulla genuinità del messaggio, verificando:

  • la reale provenienza (verificando, ad esempio, l’IP del server che ha spedito effettivamente la mail ed effettuando un ulteriore riscontro sui log del server utilizzato dal presunto autore);
  • che il messaggio non sia stato alterato durante il tragitto dal computer del mittente a quello del destinatario;

E’ bene sottolineare, tuttavia, che il giudice è peritus peritorum e pertanto non sarà in nessun modo vincolato alle conclusioni di eventuali periti e potrà, sempre e comunque, valutare liberamente su quali basi costruire il proprio convincimento.

La posta elettronica certificata

Al fine di far fronte a questa serie di problematiche che rendono, obiettivamente, impossibile riconoscere pieno valore legale ad un semplice messaggio email, è stata creata la posta elettronica certificata.

Attraverso l’utilizzo della PEC, quindi, è possibile superare i problemi sopra esposti in quanto, mediante l’apposizione della firma digitale, la posta elettronica certificata assume quell’elevato livello di certezza che la rende idonea ad assumere pieno valore legale.

E’ bene precisare che per assumere il ruolo di "documento informatico" in senso stretto è assolutamente indispensabile che la PEC venga utilizzata apponendo la firma digitale ai messaggi inviati, in caso contrario, ancora una volta, non si avrà la certezza circa la reale provenienza del messaggio.

Per quanto riguarda il contenuto, il meccanismo di funzionamento della PEC, dovrebe garantirne l’impossibilità di una sua contraffazione.

I gestori di caselle PEC, quindi, certificano 1) che il messaggio è stato spedito, 2) che è stato consegnato e 3) che il suo contenuto non è stato alterato.

Conclusioni

Seppur, come detto, diversi tribunali civili si siano orientati nel riconoscere una certa validità alle semplici email, queste ultime non hanno ancora assunto un pieno ed incontestabile valore legale. Ciò dipende, a mio avviso, non tanto dagli orientamenti giurisprudenziali in materia, ma soprattutto dalle carenze tecniche della posta elettronica tradizionale.

Al fine di superare questi limiti, pertanto, è consigliabile utilizzare – quando e se possibile – la posta elettronica certificata la quale è a tutti gli effetti idonea a creare, grazie all’apposizione della firma digitale, dei validi "documenti informatici" e, come tali, perfettamente idonei ad essere prodotti in giudizio.

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Massimiliano Bossi
Massimiliano Bossi
Stregato dalla rete sin dai tempi delle BBS e dei modem a 2.400 baud, ho avuto la fortuna di poter trasformare la mia passione in un lavoro (nonostante una Laurea in Giurisprudenza). Adoro scrivere codice e mi occupo quotidianamente di comunicazione, design e nuovi media digitali. Orgogliosamente "nerd" sono il fondatore di MRW.it (per il quale ho scritto centinaia di articoli) e di una nota Web-Agency (dove seguo in prima persona progetti digitali per numerosi clienti sia in Italia che all'estero).

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