In questa guida analizzeremo alcuni aspetti legali e fiscali relativi alla gestione di un negozio online. Prima di entrare nel merito di questi aspetti, tuttavia, è bene porre alcune questioni preliminari di natura più generale riguardanti il commercio elettronico, le sue potenzialità e le sue criticità.
Perché l’e-commerce funziona?
In linea di massima, il commercio elettronico funziona perché è comodo e conveninte. E’ possibile comprare qualsiasi cosa senza uscire di casa, senza girovagare alla ricerca di un parcheggio, senza fare code alle casse. Ma non solo, col commercio elettronico è possibile accedere ad un magazzino di prodotti virtualmente sterminato (difficilmente nella realtà è possibile avere una così vasta scelta di prodotti) ed approfittare di prezzi particolarmente concorrenziali.
Ma andiamo per gradi e vediamo, in modo schematico, gli elementi di successo e quelli di criticità dello shopping on-line dal punto di vista sia del cliente che del venditore.
Fattori di successo e di criticità dal punto di vista del cliente
- Elementi di successo
- Possibilità di acquistare in ogni momento (24h, 7 giorni su 7)
- Possibilità di scegliere ed acquistare senza uscire di casa
- Risparmio di tempo (non si deve fare la strada per recarsi al punto vendita ne perdere tempo in coda alle casse)
- Enorme possibilità di scelta all’interno di cataloghi prodotti davvero vastissimi e ricchi di prodotti introvabili o di nicchia
- Risparmio economico (prezzi piu bassi e azzeramento dei costi legati agli spostamenti cioè carburante, parcheggi, pedaggi, ecc)
- Elementi di criticità
- Non si ha un contatto diretto col venditore
- Non si ha un contatto fisico col bene che si acquista
- Spesso si paga prima di avere il bene tra le mani (è determinante avere fiducia nei confronti di chi vende)
Gli elementi di criticità per il cliente, come vedremo, sono alla base di una serie di norme che vogliono, appunto, mitigare questi aspetti offrendo al cliente una adeguata tutela legale proprio perché l’acquisto si va a perfezionare in una situazione "particolare" (da remoto).
Fattori di successo e di criticità dal punto di vista del venditore
- Fattori di successo
- Minori costi rispetto ad uno store tradizionale (non si paga l’affitto del negozio, si necessita di meno personale, gestione ottimale del magazzino e delle scorte)
- Maggiore efficenza rispetto ad uno store tradizionale (aperto 24h 7 giorni su 7, non esistono scioperi ne festività: il sistema di vendita e’ perennemente attivo anche a Natale e Ferragosto!)
- Possibilità di vendere mediante dropshipping (senza cioè avere alcuna necessita di gestire un magazzino)
- Fattori di criticità
- Non tutti i clienti sono disposti a concludere transazioni on-line per paura di cadere vittima di truffe
- Gestione di un rapporto regolato dalle norme sui contratti a distanza che offrono maggiori tutele agli acquirenti (tra cui, soprattutto, un diritto di recesso piuttosto rafforzato)
- Gestione di grandi quantità dati personali dei clienti e conseguente obbligo di rispettare una serie di norme piuttosto stringenti in materia di sicurezza informatica e privacy
- Gestione delle spedizioni e dei resi che necessitano di un efficiente sistema di logistica
- L’utilizzo di una piattaforma di e-commerce necessita dell’assistenza di un esperto che sappia guidare il venditore nell’utilizzo delle funzionalità dello store e nella predisposizione delle giuste strategie di marketing on-line.
In linea di massima è possibile concludere che, tanto per il cliente che per il venditore i vantaggi sono senza dubbio superiori agli elementi di criticità, tuttavia un’attenta analisi di questi ultimi può essere determinante nello studio di strategie di vendita on-line di successo. Soprattutto per quanto riguarda il venditore gli elementi di criticità dell’e-commerce sono spesso legati a fattori legali e fiscali, fattori che molto spesso vengono sottovalutati quando si decide di avviare un’attività di vendita da remoto.
Consigli per creare un e-commerce di successo
- Avere un sito effeciente e facile da usare
Credo che questa sia la prima regola: se abbiamo un e-commerce sgangherato su un server poco affidabile non potremo certamente sperare di cavalcare l’onda del successo del commercio elettronico. Un sito web di qualità, altamente usabile e performante è garanzia di successo in Rete (regola universale valida non solo per i siti di e-commerce). - Lavorare sul proprio Brand
Lo dico da sempre: "La gente in Rete compra dai marchi di cui si fida". Su Internet, ancora più che nel "mondo reale", la popolarità del Brand è una chiave determinante per il successo di un’attività di commercio elettronico (a confermarlo sono i dati di una recente rilevazione di Casaleggio e Associati che attribuisce al brand un peso del 49% tra i fattori determinanti di successo). Se la gente conosce il vostro brand sarà portata a fidarsi di voi e non avrà timore di incorrere in qualche brutta sorpresa. - Offrire una vasta scelta di prodotti
Come detto, l’ampiezza della scelta è uno dei fattori chiave del successo dell’e-commerce. Gli utenti spesso vanno in Rete alla ricerca di prodotti che è difficile trovare sugli scaffali dei negozi e dei grandi magazini. Se avete intenzione di aprire una libreria on-line non pensate di poter lanciare il vostro business vendendo solo i best seller del momento! Avere un catalogo ampio e ricco di prodotti di nicchia può sicuramente risultare un fattore vincente all’interno di una strategia di vendita on-line. - Offrire prezzi concorrenziali
Il fattore prezzo è determinante ed essere concorrenziali su Internet significa riuscire a confrontarsi con migliaia di altri store che vendono il nostro stesso prodotto. Il prezzo, in realtà, non è il vero elemento discriminante (conta molto di più il brand del venditore) ma è certamente un aspetto centrale di ogni processo di vendita. - Offrire un sistema di consegna efficente e rapido
Se vendete dei prodotti avete bisogno di consegnarli ai vostri clienti. In questa fase è determinante garantire rapidità, sicurezza e costi contenuti. Un efficente sistema di gestione del magazino merci e del processo di spedizione rappresentano due fasi determinanti per il successo di uno store on-line. - Offrire un servizio di assistenza pre e post vendita
Lavorare in Rete non significa escludere il contatto coi clienti, anzi! Per vendere on-line è molto importante offrire un adeguato servizio di assistenza sia pre che post vendita in modo da garantire all’acquirente il giusto supporto durante le diverse fasi della sua esperienza di acquisto. - Avere un adeguato supporto fiscale e legale
Come detto gli aspetti fiscali e legali delle vendite da remoto sono tutt’altro che marginali. Prima di avviare l’attività di commercio elettronico, quindi, è bene avere una visione generale degli oneri e delle norme che si è chiamati a rispettare ed avere il supporto di professionisti adeguatamente formati sulle possibili problematiche di un’attività di questo tipo (un commercialista per le queestioni fiscali, un avvocato per quelle legali).
Nel proseguo di questa guida cercherò di fornirvi alcune informazioni preliminari sugli aspetti fiscali e legali connessi alla vendita online con particolare attenzione a contratti telematici (ed ai connessi obblighi informativi) e al diritto di recesso. L’ultima parte della guida riguarderà la disciplina fiscale delle vendite online e la gestione dei dati personali degli utenti.
Differenti tipologie di negozi online
Sulla scia dei risultati sempre più eclatanti del commercio elettronico, sono sempre di più gli imprenditori che decidono di investire nel settore dell’e-commerce. Aprire un negozio online, tuttavia, non è solo una questione tecnica: in questa guida non affronteremo le problematiche relative alla programmazione di uno store online (qui su Mr. Webmaster potrete trovare tanti altri articoli sulla tematica) ma ci occuperemo, principalmente, di descrivere le incombenze di natura burocratica cui è necessario adempiere per essere in regola con la normativa italiana ed europea in tema di commercio elettronico nonché degli aspetti normativi e fiscali che regolano l’attività di vendita on-line.
Scopo di questa guida, pertanto, sarà quello di fornire una panoramica completa, e quanto più possibile dettagliata, di tutti gli aspetti burocratici e legali che l’aspirante imprenditore deve conoscere prima di avviare la propria attività di commercio elettronico. Vendere on-line, infatti, non pone solo delle problematiche tecniche (creare il sito, trovare il giusto servizio di hosting, accettare pagamenti digitali, ecc.) o commerciali (gestire il magazzino, effettuare le spedizioni, ecc.) ma anche una serie di questioni che, in fase di start-up, vengono spesso sottovalutate o ignorate del tutto.
Cosa devo fare per aprire un e-commerce ed essere in regola? Quali obblighi impone la legge a chi vende online? Cos’è un contratto telematico e come funziona? Nel proseguo di questa guida cercheremo – appunto – di dare una risposta a tutte queste e ad altre domande.
Ma prima di entrare nel merito è importante qualche premessa: cosa s’intende per e-commerce? Quali tipologie di E-commerce esistono? Vediamolo insieme…
Cos’è l’E-commerce?
Il termine E-Commerce (o Ecommerce, senza trattino) è l’acronimo di Electronic Commerce (commercio elettronico) e consiste in una modalità di presentazione e di vendita di beni e/o servizi per il tramite della rete Internet, solitamente attraverso siti web creati ad hoc e dotati di apposite caratteristiche e funzionalità (come, ad esempio, il carrello della spesa o il sistema di pagamento elettronico).
Stando alla definizione contenuta nella Comunicazione della Commissione Europea COM(97) 157 del 15 aprile 1997, il commercio elettronico può comprendere differenti attività, tra cui:
- commercializzazione di merci e servizi "tradizionali" per via elettronica;
- distribuzione online di contenuti digitali (musica, video, software, ebook, ecc.);
- effettuazione per via elettronica di operazioni quali trasferimenti di fondi, compravendita di azioni, emissione di polizze di carico, vendite all’asta, ecc.
Differenti tipologie di E-commerce
I negozi online possono essere classificati in diverse tipologie. Come vedremo tale classificazione è particolarmente rilevante in quanto incide su diversi aspetti di non poco conto.
Una prima distinzione fondamentale, perché rilevante in più occasioni in merito a questioni di carattere normativo, è la distinzione tra negozi B2B e B2C.
- I primi (B2B) sono i negozi Business to Business, cioè gli e-commerce che gestiscono transazioni tra aziende e professionisti (sia chi vende che chi compra appartengono a queste categorie).
- I secondi (B2C) sono i negozi Business to Consumer, dove, in pratica, le transazioni avvengono tra un’azienda o un professionista (chi vende) ed un consumatore (chi acquista).
Oltre a questi esistono anche i cosiddetti negozi C2C (Consumer to Consumer) come ad esempio i siti di annunci di vendita tra privati, ma tale tipologia esula dall’oggetto di questa nostra guida.
Tornano alla distinzione tra B2B e B2C, ai fini della legge applicabile è bene ricordare che è "consumatore" colui che agisce per scopi estranei alla sua attività professionale (e, quindi, per soddisfare le esigenze della vita privata). Tale precisazione è molto importante in quanto le legge impone tutele particolari nei confronti del consumatore, tutele che è bene conoscere (e valutare attentamente) nel momento in cui ci si appresta ad aprire uno store online.
Una seconda classificazione degli e-commerce riguarda, invece, la tipologia di beni commercializzati per il tramite del negozio online.
- E-commerce diretto – Il commercio elettronico diretto è quello finalizzato alla commercializzazione di beni digitali come, ad esempio, musica o ebook. Il commercio è detto "diretto" in quanto la transazione inizia e si conclude direttamente online essendo non indispensabile, ai fini della conclusione della transazione, l’intervento umano.
- E-commerce indiretto – Si dice "indiretto" il commercio elettronico di beni e servizi tradizionali (si pensi ad esempio ad un negozio online che vende abbigliamento o ad una agenzia viaggi). In questo caso per la conclusione della transazione è indispensabile l’intervento umano in quanto un addetto dovrà spedire la merce oppure adoperarsi per eseguire il servizio acquistato. In questo caso, quindi, la rete assolve solo alla funzione di vendita e non anche alle attività a questa conseguenti.
Tali classificazioni, come già detto, non sono puramente formali ma incidono su aspetti sostanziali della materia. Nelle prossime lezioni di questa guida avremo modo di notare, infatti, come le distinzioni appena viste assumano importanza centrale in tematiche quali i diritti di informazione, il diritto di recesso e gli obblighi di fatturazione.
Avviare un’attività di commercio elettronico
Cosa bisogna fare per aprire un e-commerce e iniziare a vendere online? E’ necessario avere una Partita IVA oppure è possibile farne a meno? Servono delle autorizzazioni specifiche? Ci sono obblighi particolari da assolvere? In questa lezione proveremo a rispondere a tutte queste domande cercando di fare chiarezza sugli aspetti preliminari al lancio di una nuova attività di vendita online.
Vendite occasionali fino ad un massimo di 5.000 euro l’anno
Prima di affrontare la nostra analisi sulle incombenze burocratiche da compiere per l’apertura di un negozio online vero e proprio, dobbiamo ricordare che la normativa italiana prevede sia possibile esercitare libera attività fino al tetto massimo di 5.000 euro l’anno di ricavi, mediante il rilascio di ricevute (soggette a ritenuta fiscale del 20%) con l’indicazione di prestazione occasionale ai sensi dell’articolo 67 lettera "i" del DPR 917 del 1986.
Tale norma, è bene chiarirlo, può essere applicabile a chi vende saltuariamente qualcosa su eBay o sfruttando qualche altro sito di annunci, ma difficilmente potrà applicarsi validamente a chi desidera aprire un e-commerce vero e proprio. In tal caso, quindi, a prescindere dal volume d’affari, sarà necessaria una partita IVA.
Cosa fare prima di poter iniziare a vendere on-line
Per prima cosa è bene chiarire che le incombenze che precedono l’avvio di un’attività di commercio elettronico, diversamente da quello che molti potrebbero pensare, non sono così diverse da quelle previste per l’apertura di un negozio fisico! è necessario, infatti, possedere una Partita IVA, essere iscritto al registro delle imprese, presentare al comune una denuncia di inizio attività e così via.
Ma andiamo con ordine e passiamo in rassegna, una ad una, le varie incombenze da adempiere se se desidera cimentarsi nella vendita online, distinguendo tra due ipotesi principali ovvero l’apertura di una nuova impresa piuttosto che l’utilizzo di un’impresa già esistente.
Creazione di una nuova impresa per la gestione di un e-commerce
Ovviamente si tratta dell’ipotesi più complessa in quando bisognerà far fronte a numerose incombenze di natura burocratica.
La prima scelta da compiere sarà relativa alla tipologia di impresa che si desidera costituire per la gestione del negozio online: impresa individuale oppure di tipo societario? Nel secondo caso, infatti, sarà necessario innanzitutto ricorrere all’assistenza di un notaio per la costituzione della società (di recente l’ordinamento italiano ha introdotto un nuovo tipo di società di capitali – SRLS – per la costituzione della quale il notaio non è indispensabile).
Una volta costituita la società gli adempimenti da compiere non saranno differenti da quelli previsti per un’impresa individuale e cioè:
- richiedere l’assegnazione della Partita IVA;
- (se volete effettuare operazioni con l’estero) richiedere l’iscrizione nella banca dati del VIES (VAT Information Exchange System);
- effettuare l’iscrizione al registro delle imprese della CCIAA e, contestualmente, ad altri enti come INPS e INAIL;
- presentare la SCIA presso lo Sportello Unico per le Attività Produttive (SUAP) del Comune nel quale si intende avviare l’attività
E’ importante precisare che, per far fronte a tutti questi adempimenti, non devono più essere inviati moduli e documenti cartacei: dal 1 Aprile 2010 tutte le imprese, infatti, devono adottare la procedura di comunicazione unica "ComUnica" con la quale è possibile richiedere l’iscrizione al Registro delle Imprese inviando contemporaneamente i dati necessari per Agenzia delle Entrate, INPS e INAIL nonché al SUAP (attraverso la Camera di Commercio territorialmente competente).
Di seguito alcune precisazioni circa le operazioni poco sopra elencate.
Richiesta di attribuzione Partita IVA
All’atto della richiesta della Partita IVA è necessaqrio indicare il codice attività 47.91.10 relativo al "commercio al dettaglio di qualsiasi tipo di prodotto effettuato via Internet".
Per il commercio elettronico è necessario utilizzare, in sede di attribuzione della Partita IVA, i moduli AA7 (per le società) o AA9 (per le ditte individuali), dove dovranno essere specificati tutti i dati relativi al sito Web, tra cui indirizzo del sito, dati identificativi dell’Internet Service Provider, indirizzo di posta elettronica, recapito telefonico e numero di fax del gestore.
Iscrizione al VIES
E’ necessario compilare, in sede di dichiarazione di inizio attività, il campo "Operazioni Intracomunitarie" del quadro I dei modelli AA7 o AA9.
La SCIA (MOD. COM. 6 Bis)
All’interno del modulo dovranno essere inserite alcune informazioni anagrafiche oltre all’indicazione del tipo di attività, l’ubicazione del deposito merci e la URL del sito web.
Oltre a queste "informazioni" è necessario dichiarare la sussistenza dei requisiti (requisiti di onorabilità) di cui all’art. 5 del D. Lgs. 114/98, ossia di non essere fallito (o, se tale, di essere stato riabilitato) e di non aver subito alcuna delle condanne o delle misure di prevenzione indicate nella norma. Se l’e-commerce riguarda la vendita di prodotti alimentari, inoltre, è necessario che il richiedente dichiari di soddisfare alcuni requisti specifici (requisiti professionali):
- avere frequentato con esito positivo un corso professionale per il commercio relativo al settore merceologico alimentare, istituito o riconosciuto dalla regione o dalle province autonome di Trento e di Bolzano;
- avere esercitato in proprio, per almeno due anni nell’ultimo quinquennio, l’attività di vendita all’ingrosso o al dettaglio di prodotti alimentari; o avere prestato la propria opera, per almeno due anni nell’ultimo quinquennio, presso imprese esercenti l’attività nel settore alimentare, in qualità di dipendente qualificato addetto alla vendita o all’amministrazione o, se trattasi di coniuge o parente o affine, entro il terzo grado dell’imprenditore, in qualità di coadiutore familiare, comprovata dalla iscrizione all’INPS;
- essere stato iscritto nell’ultimo quinquennio al registro esercenti il commercio di cui alla legge 11 giugno 1971 n. 426, per uno dei gruppi merceologici individuati dalle lettere a), b) e c) dell’articolo 12, comma 2, del decreto ministeriale 4 agosto 1988, n. 375.
In caso di problemi con la modulistica presentata, il Comune ha tempo 30 giorni per contattarvi, in mancanza vige la regola del silenzio assenso.
Trascorsi i 30 giorni, senza che sia pervenuta una comunicazione contraria da parte del Comune, sarà necessario inoltrare copia del modulo COM. 6 Bis al Registro delle Imprese della CCIAA competente per la provincia; ad oggi non è possibile consegnare "a mano" copia del modello ma è necessario adempiere a tale obbligo in via telematica (normalmente questo aspetto è curato dal commercialista ma può anche essere fatto in prima persone qualora si disponga dell’abilitazione al servizio e di una firma digitale).
Categorie dispensate dalla presentazione della comunicazione di inizio attività
Non tutte le attività di commercio elettronico sono sottoposte all’obbligo di presentare la comunicazione di inizio attività al Comune: in particolare sono esentati da questo obbligo coloro i quali intendono creare un attività di commercio elettronico per la vendita delle proprie opere d’arte o di proprie opere dell’ingegno a carattere creativo, comprese le proprie pubblicazioni di natura scientifica o informativa.
Avvio di un e-commerce da parte di un’azienda esistente
In questo caso le incombenze sono di gran lunga minori. Non sarà necessario costituire la società ne richiedere partita IVA o iscrizioni a vari enti, in quanto tutte queste procedure sono già state fatte. Le uniche incombenze burocratiche preliminari al lancio di un negozio di commercio elettronico, quindi, saranno le seguenti:
- aggiungere, alla propria partita IVA come attività secondaria, il codice ATECO 47.91.10 (che, come abbiamo già visto, riguarda il "commercio al dettaglio di qualsiasi tipo di prodotto effettuato via Internet");
- comunicare i dati del sito web all’Agenzia delle Entrate;
- (se volete effettuare operazioni con l’estero) richiedere l’iscrizione nella banca dati del VIES (VAT Information Exchange System);
- comunicare alla CCIAA l’inizio della nuova attività di vendita;
- presentare la SCIA al SUAP del Comune nel quale si intende esercitare l’attività di vendita.
I contratti telematici e la modalità point and click
Fino ad ora abbiamo visto quali sono gli adempimenti burocratici necessari per l’apertura di un e-commerce ed abbiamo potuto osservare come questi non siano così differenti da quelli richiesti a chi apre una attività di vendita sul territorio. Viceversa, da un punto di vista normativo, vedremo come il commercio elettronico possieda una disciplina normativa propria e ben diversa da quella che regola la vendita all’interno dei locali commerciali.
La vendita on-line, infatti, non solo rientra nella tipologia dei contratti a distanza ma possiede altresì alcune peculiarità normativamente descritte dal Decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70 ("Attuazione della direttiva 2000/31/CE relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio elettronico").
All’imprenditore che intende avviare la propria attività nel settore dell’e-commerce è consigliabile prestare la dovuta attenzione a questi aspetti, in quanto, non secondari: la legge, infatti, prevede che il sito web riporti determinate informazioni, che la procedura d’acquisto funzioni in un certo modo, ecc. e prevede, altresì, talune tutele nei confronti di una certa tipologia di acquirenti… insomma, prima di inaugurare il sito web è bene sapere quali sono le regole che il nostro negozio dovrà rispettare per essere a norma ed evitare sanzioni.
Contratti elettronici a distanza (cd. Contratti telematici)
Ogni vendita online è frutto di un contratto, cioè di un accordo tra due parti (il venditore e l’acquirente) per la cessione di un bene o la prestazione di un servizio a fronte di un esborso economico.
Chi desidera aprire un e-commerce, pertanto, deve necessariamente predisporre un contratto contenente una serie di clausole (le cosiddette condizioni generali di vendita o condizioni generali di contratto) volte a regolare i vari aspetti della transazione che si concluderà per via telematica nel momento in cui il nostro utente cliccherà sul bottone di inoltro dell’ordine.
Nel predisporre le condizioni generali di vendita è bene farsi assistere da un consulente legale, tuttavia c’è anche chi decide di fare da se, magari prendendo spunto da altri contratti trovati in Rete. In tal caso, ovviamente, è necessario informarsi molto bene sui vari aspetti che il nostro contratto dovrà considerare e regolare, perché con la legge non si scherza!
Per prima cosa dobbiamo ricordare che la tipologia di contratto di nostro interesse prende il nome di contratto telematico o contratto elettronico a distanza. Le caratteristiche peculiare dei contratti telematici sono sostanzialmente due:
- si tratta di contratti paperless, cioè stipulati attraverso strumenti elettronici e non mediante l’apposizione di una firma su un foglio di carta;
- le parti che stipulano il contratto non si trovano contemporaneamente nello stesso luogo pertanto la manifestazione di volontà dei soggetti coinvolti si verifica in luoghi e tempi differenti (le parti del contratto non si trovano simultaneamente nello stesso luogo).
I contratti elettronici a distanza possono essere conclusi in due modalità differenti: attraverso la tecnica cosiddetta del point and click oppure mediante l’apposizione di una firma digitale.
La tecnica del point and click per la stipula dei contratti telematici
Per quanto attiene al commercio elettronico, la modalità cui faremo riferimento è quella del Point and Click (la firma digitale è – attualmente – troppo complessa e non sufficientemente diffusa per adattarsi alle dinamiche degli acquisti online, soprattutto nel settore B2C).
Attraverso la modalità del point and click, il contratto viene stipulato mediante la compilazione di un modulo online ed il click sul pulsante di conferma dell’acquisto. Quello che si realizza, pertanto, è un "comportamento concludente", cioè un attività da cui traspare l’inequivocabile volontà dell’utente di concludere il contratto. Tale modalità trova fondamento nell’art. 1350 c.c. che sancisce il principio della libertà della forma (per la valida conclusione di un contratto, salvo casi particolari, la legge non impone alcuna forma tassativa essendo sufficiente la semplice manifestazione di volontà delle parti).
Ai fini della validità dell’accordo è indispensabile che il venditore renda note all’acquirente, prima del click sul pulsante di inoltro dell’ordine, le clausole negoziali e le condizioni generali che regolano la vendita. Non è necessario che queste vengano riportate per esteso nella pagina in cui si trova il bottone di conferma, essendo sufficiente un avviso con un link verso la pagina che le contiene, ad esempio:
Cliccando sul pulsante il cliente dichiara di accettare le condizioni generali di contratto disponibili a questa pagina (link).
Meglio ancora se l’avviso è accompagnato da un controllo (ad esempio un checkbox) dove l’utente dichiara, mettendo la spunta sull’apposita casella di conferma, di aver preso visione di tali condizioni generali.
Ovviamente tali avvisi, per essere considerati validi, devono essere posti prima del pulsante di acquisto (e non dopo!) e devono essere sufficientemente evidenti perché un utente, dotato di una normale diligenza, li possa vedere.
Click con obbligo di pagare
Affinché il semplice click sia idoneo a suggellare la conclusione del contratto, tuttavia, è indispensabile che l’acquirente abbia piena consapevolezza del vincolo che da tale azione scaturirà.
In pratica, il cliente deve essere messo nelle condizioni di capire, senza il rischio di equivoci, che la pressione del pulsante non lo porterà in un’altra pagina informativa, ma comporterà la conclusione del contratto con il conseguente "obbligo di pagare".
A tal fine è indispensabile che il pulsante di inoltro dell’ordine sia accompagnato da una formula inequivocabile (e molto ben visibile!) come, ad esempio:
Cliccando sul pulsante il cliente dichiara di voler procedere con l'acquisto con obbligo di pagamento
E’ fondamentale, quindi, che l’utente abbia la chiara percezione del significato del click che si appresta a compiere.
Condizioni generali di vendita e clausole vessatorie
Alla precedente lezione abbiamo visto cosa s’intende per contratto telematico ed in che modo può essere validamente stipulato attraverso un semplice click. In questa lezione vedremo in che modo vengono definite le clausole contrattuali, qual’è il loro contenuto e quali limiti sono posti dall’ordinamento in merito alla loro validità.
Le condizioni generali di vendita
Il titolare del negozio online è tenuto a predisporre le clausole contrattuali che regoleranno la transazione. Tali clausole prendono il nome di condizioni generali di vendita.
Le condizioni generali di vendita rappresentano una forma generalizzata di contrattazione senza trattativa: le parti, infatti, non si accordano per la definizione in comune delle clausole contrattuali, in quanto queste sono predisposte in via esclusiva dalla parte proponente (con una serie di conseguenze che vedremo tra poco).
In linea di massima possiamo riassumere schematicamente il contenuto delle condizioni generali di vendita, le quali dovranno includere taluni elementi, come:
- dati identificativi del venditore;
- descrizione della merce o del servizio;
- indicazione dei prezzi e delle tariffe nonché delle eventuali spese di spedizione e di eventuali oneri accessori;
- termini e modalità di pagamento;
- data e modalità di consegna della merce o di esecuzione del servizio;
- informazioni circa la garanzia legale ed eventuali garanzie accessorie;
- informazioni circa il diritto di recesso;
- informazioni circa l’assistenza post-vendita;
- strumenti di composizione delle controversie.
Circa il contenuto contrattuale rinviamo il lettore alla lettura della prossima lezione dedicata agli obblighi informativi previsti dalla legge a tutela del consumatore, essendo tali obblighi fonte autorevole cui attenersi per la scrupolosa redazione delle clausole generali di vendita.
L’asimmetria contrattuale
Come già accennato, il contratto che regola la vendita di un bene attraverso un sito di e-commerce viene predisposto dal venditore e, solitamente, non è modificabile ne può essere oggetto di negoziazione da parte dell’acquirente. Si verifica, pertanto, una situazione asimmetrica (cd. asimmetria contrattuale) in cui il contenuto contrattuale è predisposto da uno solo dei contraenti, mentre l’altro può solo aderirvi.
Il nostro ordinamento ammette pacificamente la validità di questa tipologia di contratti ma, al fine di attenuare la posizione di svantaggio della parte aderente, ha previsto una disciplina particolare per le cosiddette clausole vessatorie, quelle clausole contrattuali, cioè, che alterano l’equilibrio contrattuale a vantaggio del predisponente (si pensi, ad esempio, alle clausole che escludono o limitano la responsabilità del venditore).
Le clausole vessatorie
In merito a tali clausole, il Codice Civile (art. 1341 c.c.) stabilisce che:
"non hanno effetto, se non specificatamente approvate per iscritto, le condizioni che stabiliscono, a favore di colui che le ha predisposte, limitazioni di responsabilità, facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne l’esecuzione, ovvero sanciscono a carico dell’altro contraente decadenze, limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti coi terzi, tacita proroga o rinnovazione del contratto, clausole compromissorie o deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria".
Trattandosi di contratto telematico, la questione della validità delle clausole vessatorie si pone come particolarmente spinosa ed è necessario segnalare come, sul tema, non vi sia unanimità di opinioni in dottrina. Se le ipotesi di vincolare la validità di tali clausole all’apposizione della firma digitale o all’invio di un fax con firma autografa appaiono, ad avviso di chi scrive, decisamente eccessive, allo stesso tempo devono essere considerate e messe in atto valide soluzioni atte a garantire una reale conoscenza e consapevolezza della parte aderente, come:
- la predisposizione, all’interno del processo di acquisto on-line, di una specifica schermata del sito in cui le clausole vessatorie siano rese particolarmente evidenti;
- la predisposizione di un "secondo click" per la specifica approvazione di tali clausole.
Ad esempio, si potrebbe predisporre una seconda casella di conferma (ulteriore a quella che abbiamo già visto in uno degli esempi della lezione precedente) dove l’utente dichiara di accettare esplicitamente le clausole vessatorie. Il testo che accompagna la casella di conferma potrebbe essere qualcosa del genere:
Dichiaro di aver letto, compreso ed accettato integralmente il contenuto delle clausole 1, 2, 3, 4, 5
E’ appena il caso di ricordare che questo tipo di dichiarazione deve contenere l’elenco esatto di tutte la clausole vessatorie per le quali è richiesta l’accettazione esplicita.
Obblighi informativi a tutela del consumatore
Al fine di ristabilire un certo equilibrio tra il venditore e la parte aderente (che, come abbiamo visto, è la parte "debole" di questo tipo di rapporto contrattuale), il legislatore ha previsto una serie di obblighi di natura informativa in capo al venditore.
L’obiettivo perseguito dal legislatore (attraverso una serie di interventi normativi tra cui il già citato D.Lgs 70/2003 e il cosiddetto Codice del consumo emanato con il D.Lgs. n. 206 del 6 settembre 2005) è quello di garantire il diritto del consumatore ad essere adeguatamente informato e, pertanto, che l’acquisto online avvenga in modo consapevole e ponderato.
Ma in cosa consistono gli obblighi di natura informativa posti in capo a chi gestisce un e-commerce?
Obblighi informativi circa l’identità del venditore online
Una prima serie di obblighi è sancita all’interno del D.Lgs 70/2003 il quale prevede – a norma dell’art. 7 – che il titolare di un negozio online è tenuto a soddisfare il diritto di informazione dei terzi circa la sua identità. In altre parole chi acquista deve avere tutte le informazioni necessarie a poter identificare il venditore.
In base a tale obbligo è indispensabile esporre sul sito una serie di dati e informazioni, tra cui:
- Nome, denominazione o ragione sociale del venditore;
- domicilio e sede legale;
- contatti (posta elettronica, modulo di contatto e/o telefono);
- numero di iscrizione al repertorio delle attività economiche, REA o registro imprese;
- eventuale ordine professionale e numero di iscrizione presso cui il prestatore è iscritto;
- (solo in caso di prestazioni professionali) titolo professionale e Stato membro in cui è stato rilasciato;
- numero di Partita IVA;
Agli obblighi appena elencati il Codice Civile – art. 2250 comma 7 – ne aggiunge altri qualora il sito web sia gestito da una società di capitali, la quale dovrà altresì indicare:
- il capitale sociale versato ed esistente alla data dell’ultimo bilancio;
- l’eventuale stato di messa in liquidazione;
- l’eventuale esistenza di un socio unico.
Obblighi informativi nelle vendite a distanza
Numerosi obblighi informativi sono previsti dal Codice del Consumo il quale prevede una serie di oneri validi per tutte le vendite a distanza, quindi non solo per l’e-commerce.
Una prima serie di obblighi è sancita dall’art. 52 comma 1 del Codice del consumo, il quale prevede l’obbligo di informare il potenziale acquirente circa:
- identità del professionista e, in caso di contratti che prevedono il pagamento anticipato, l’indirizzo del professionista;
- caratteristiche essenziali del bene o del servizio;
- prezzo del bene o del servizio (comprensivo di tasse e imposte);
- spese di consegna;
- modalità del pagamento, della consegna del bene o della prestazione del servizio e di ogni altra forma di esecuzione del contratto;
- esistenza del diritto di recesso o di esclusione dello stesso;
- modalità e tempi di restituzione o di ritiro del bene in caso di esercizio del diritto di recesso;
- costo dell’utilizzo della tecnica di comunicazione a distanza, quando è calcolato su una base diversa dalla tariffa di base;
- durata della validità dell’offerta e del prezzo;
- durata minima del contratto in caso di contratti per la fornitura di prodotti o la prestazione di servizi ad esecuzione continuata o periodica.
Ulteriori obblighi sono previsti dall’art. 53, il quale prevede che debbano essere fornite al consumatore:
- le informazioni circa le condizioni e le modalità di esercizio del diritto di recesso;
- l’indirizzo geografico della sede del professionista a cui il consumatore può presentare reclami;
- le informazioni sui servizi di assistenza e sulle garanzie commerciali esistenti;
- le condizioni di recesso dal contratto in caso di durata indeterminata o superiore ad un anno.
Affinché l’obbligo risulti validamente assolto è indispensabile che tali informazioni siano fornite al potenziale acquirente:
- in un momento precedente a quello della conclusione del contratto a distanza (quindi, nel caso dell’e-commerce, prima che l’utente prema sul pulsante "Acquista");
- in modo chiaro e comprensibile, con ogni mezzo adeguato alla tecnica di comunicazione a distanza impiegata, osservando in particolare i principi di buona fede e di lealtà.
Obblighi informativi specifici per il commercio elettronico
Oltre agli obblighi informativi circa l’identità del venditore, il D.Lgs 70/2003 prevede altri oneri specifici a carico del gestore di un negozio online.
L’art. 12 del D.Lgs 70/2003 prevede, infatti, che il venditore sia tenuto a comunicare agli utenti del sito web:
- le varie fasi tecniche da seguire per la conclusione del contratto;
- il modo in cui il contratto concluso sarà archiviato e le relative modalità di accesso;
- i mezzi tecnici messi a disposizione del destinatario per individuare e correggere eventuali errori di inserimento dei dati prima di inoltrare l’ordine;
- gli eventuali codici di condotta cui aderisce il venditore;
- eventuali altre lingue (oltre all’italiano) disponibili per concludere il contratto;
- l’indicazione degli strumenti di composizione delle controversie.
E’ altresì previsto, artt. 12 e 13 D.Lgs 70/2003, che il venditore:
- offra all’acquirente la possibilità di stampare e/o archiviare le clausole e le condizioni generali del contratto;
- invii, subito dopo l’inoltro dell’ordine, una ricevuta elettronica (solitamente via email) contenente il riepilogo dei beni o dei servizi acquistati, del loro prezzo, di eventuali spese di consegna nonché delle condizioni generali e particolari che disciplinano la vendita.
Sanzioni
Il mancato rispetto degli obblighi informativi comporta (oltre ad altre conseguenze che vedremo nella prossima lezione quando parleremo di diritto di recesso e salvo che il fatto costituisca reato) il rischio di vedersi infliggere sanzioni pecuniarie.
- il mancato rispetto delle previsioni in materia di contratti a distanza è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 516 a 5.165 Euro (art. 62 Codice del Consumo);
- la mancata indicazione sul sito web aziendale delle informazioni generali obbligatorie previste dal D.Lgs. 70/2003 è punita con il pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria da 103 a 10.000 Euro (art. 20 D.Lgs. 70/2003).
Il diritto di recesso del consumatore
Un altro aspetto importante cui l’aspirante imprenditore dell’e-commerce dovrebbe prestare la dovuta attenzione è la disciplina del diritto di recesso, cioè la possibilità offerta ad una certa tipologia di clienti, di "ripensare" all’acquisto fatto online.
Il diritto di recesso del consumatore
Considerata la particolare natura del commercio elettronico (sottospecie della più generale categoria dei contratti a distanza), il legislatore ha voluto rafforzare la tutela del consumatore (parliamo quindi di B2C) offrendo a quest’ultimo il cosiddetto ius poenitendi, cioè il diritto di ripensamento circa il negozio stipulato.
Questo diritto è sancito nell’art. 64 del Codice del Consumo, il quale prevede, per tutti i contratti a distanza, che il consumatore abbia diritto di recedere "senza alcuna penalità e senza specificarne il motivo" entro il termine di 10 giorni, termine successivamente esteso a 14 giorni dal D.Lgs 21/2014 (in attuazione alla direttiva 2011/83/UE).
Ai fini della decorrenza di tale termine di 14 giorni è necessario distinguere tra la vendita di beni o di servizi:
- vendita di beni – il termine decorre dal giorno del ricevimento dei beni da parte del consumatore, qualora siano stati adempiuti gli obblighi informativi ex art 52 cod. cons. o dal giorno in cui questi siano stati soddisfatti, qualora ciò avvenga dopo la conclusione del contratto;
- vendita di servizi – il termine decorre dal giorno in cui il contratto è stato concluso o in cui siano stati adempiuti gli obblighi informativi, qualora ciò avvenga dopo la conclusione del contratto, salvo che non sia già iniziata l’erogazione del servizio.
Il termine per l’esercizio del diritto di recesso è esteso a 12 mesi qualora il venditore non abbia adempiuto agli obblighi informativi o abbia fornito informazioni incomplete (il termine decorre sempre, per i beni, dal giorno del ricevimento e per i servizi dal giorno della conclusione del contratto).
Il consumatore che intenda esercitare il diritto di recesso è tenuto a:
- darne comunicazione al venditore in forma scritta mediante raccomandata con avviso di ricevimento;
- nel caso di acquisto di beni e qualora questi siano già stati consegnati, a restituirli – integri e adeguatamente conservati – al venditore nei modi e nei tempi stabiliti nel contratto (il termine per la restituzione non può essere inferiore a 10 giorni lavorativi).
La legge prevede, infine, che il venditore è tenuto a rimborsare l’acquirente che ha esercitato il diritto di recesso entro il termine di 14 giorni dal ricevimento della raccomandata o, nel caso vi sia stata consegna di beni, entro il giorno di restituzione di questi ultimi. Importante precisare che dovranno essere rimborsate dal venditore, oltre al costo della merce, anche le eventuali spese di spedizione, mentre sono a carico dell’acquirente le eventuali spese per la restituzione.
Sono nulle le eventuali clausole contrattuali volte ad escludere o limitare il diritto di recesso del consumatore.
Limitazioni al diritto di recesso del consumatore
Il diritto di recesso del consumatore, ovviamente, non è illimitato ma patisce delle eccezioni. Lo ius poenitendi, infatti, non è applicabile nei contratti, conclusi a distanza, che abbiano ad oggetto:
- servizi finanziari;
- fornitura di prodotti alimentari;
- costruzione, vendita o locazione di immobili;
- giornali, periodici o riviste;
- scommesse o lotterie;
- beni confezionati su misura o personalizzati;
- beni o servizi il cui prezzo è legato a fluttuazione dei tassi del mercato finanziario non controllabile dal venditore;
- prodotti audio-video o software sigillati che siano stati aperti dal consumatore.
Salvo diverso accordo delle parti, inoltre, il recesso è escluso per tutti quei servizi che prima della scadenza del termine (14 giorni) siano stati già eseguiti con il consenso del consumatore.
Diritto di recesso nel B2B
Le garanzie previste dal Codice del Consumo non sono riconosciute all’acquirente che opera in ambito professionale: salvo diversi accordi contrattuali tra le parti, quindi, al professionista o l’azienda che acquista un prodotto o un servizio on-line non è riconosciuto nessun diritto di ripensamento. In altre parole, mentre al consumatore è data la possibilità di cambiare idea, al professionista no.
La garanzia di conformità
Un’altra tutela che il Codice del Consumo riconosce al consumatore è la cosiddetta garanzia legale (o garanzia di conformità) la quale impone al venditore di consegnare all’acquirente beni conformi al contratto di vendita.
Un bene è "conforme" quando:
- è idoneo all’uso al quale servono abitualmente beni dello stesso tipo;
- corrisponde alla descrizione fatta dal venditore;
- possiede le qualità indicate dal venditore nonché quelle abituali per beni dello stesso tipo;
- è idoneo all’uso particolare voluto dal consumatore se questi lo ha portato a conoscenza del venditore al momento della conclusione del contratto.
Diritti del consumatore in caso di bene non conforme
Se il bene ha dei difetti e/o non possiede queste caratteristiche, il consumatore è tutelato dalla garanzia di legge la quale gli da diritto di chiederne, a sua scelta, la sostituzione o la riparazione.
Qualora ciò sia impossibile o eccessivamente oneroso per il venditore o qualora quest’ultimo non vi abbia provveduto entro un termine congruo, è facoltà dell’acquirente richiedere una riduzione del prezzo pattuito o la risoluzione del contratto (quando il difetto è lieve non è possibile chiedere la risoluzione ma solo la riduzione del prezzo).
Il venditore è tenuto a provvedere alla riparazione o alla sostituzione del bene ma può proporre soluzioni alternative all’acquirente che può decidere se accettarle o meno.
Denuncia del difetto
Ai fini della garanzia legale, il difetto deve:
- manifestarsi entro due anni dalla consegna del bene;
- essere segnalato al venditore entro due mesi dalla sua scoperta (non è necessario se il venditore ha riconosciuto il difetto o lo ha occultato).
I difetti che si manifestano nei primi sei mesi si ritiene fossero esistenti già al momento della consegna, salvo che il venditore riesca a dimostrare il contrario.
Obblighi informativi
Il venditore è tenuto a segnalare all’acquirente l’esistenza della garanzia legale (e di eventuali garanzie ulteriori, qualora previste) precisando, in modo chiaro e comprensibile:
- l’oggetto della garanzia;
- gli elementi essenziali necessari per farla valere, compresi la durata e l’estensione territoriale della garanzia;
- il nome o la ditta e il domicilio o la sede di chi offre la garanzia.
Nullità dei patti di esclusione o limitazione
La garanzia legale è sempre dovuta al consumatore: eventuali clausole di limitazione e/o esclusione sono nulle e pertanto è come se non fossero state apposte.
Garanzia legale nel B2B
Nelle transazioni tra professionisti non si applicano le tutele previste dal Codice del Consumo in tema di garanzia legale di conformità. Tuttavia, il Codice Civile (artt. 1490 c.c. e ss.) prevede che il venditore debba comunque garantire l’acquirente che il bene:
- non abbia vizi (cioè sia privo di difetti che lo renderebbero inidoneo all’uso o ne diminuirebbero il valore);
- abbia le qualità promesse dal venditore;
- abbia le qualità essenziali per l’uso cui è destinato.
Il Codice Civile, in caso di bene viziato o privo delle qualità promesse o essenziali all’uso, prevede che l’acquirente possa richiedere (a propria scelta):
- la diminuzione del prezzo;
- la risoluzione del contratto (che comporta la restituzione del bene e il conseguente rimborso del prezzo pagato).
L’acquirente può sempre agire contro il venditore per ottenere il risarcimento di eventuali danni patiti.
La garanzia dei vizi dura un anno (e non due) e decade se il vizio non viene segnalato al venditore entro 8 giorni dalla sua scoperta.
Foro competente e legge applicabile in caso di controversie
Se, a seguito di una transazione online, dovessero sorgere problemi e le parti non riuscissero a comporre amichevolmente la controversia, chi sarà il giudice competente a decidere le sorti della vicenda? E se le parti in causa fossero di nazioni diversi quale sarà la legge applicabile?
Considerate le controversie che potrebbero scaturire coi fruitori dell’e-commerce ed il carattere transnazionale della Rete, pertanto, si rendono opportune alcune riflessioni circa i criteri per l’individuazione dell’autorità competente e della legge applicabile a eventuali liti.
Ad alcuni la questione potrebbe sembrare di poca importanza, ma in realtà non è così. Facciamo un esempio: se la sede della nostra azienda si trova a Milano ed il nostro cliente, con cui siamo in lite, si trova a Madrid, a quale tribunale spetterà la competenza di decidere la causa? A quello di Milano o a quello di Madrid? E quale legge verrà applicata? Quella italiana o quella spagnola?
E’ evidente che per noi (venditore) sarebbe molto più comodo il tribunale di Milano, mentre per il nostro cliente quello di Madrid. Allo stesso tempo, probabilmente, la nostra preferenza sarà per l’applicazione della legge italiana mentre quella del nostro cliente sarà la legge spagnola. Tuttavia la legge non può accontentare entrambi e deve decidere, nel modo che vedremo tra poco, a chi accollare i costi, i fastidi, i rischi e le perdite di tempo di cause in tribunali lontani, magari stranieri.
Ai fini dell’individuazione del giudice competente bisogna distinguere, innanzitutto, se il cliente è un’azienda/professionista (B2B) o un consumatore (B2C).
Controversie con un acquirente che agisce per scopi professionali (B2B)
Vige ampia libertà per le parti:
- foro competente: l’art. 25 del Regolamento UE n. 1215/2012 riconosce il principio di libertà di scelta alle parti che possono stabilire il foro competente in via convenzionale;
- legge applicabile: a norma di quanto previsto dall’art. 4 lett. e del D.lgs. 70/2003 "è facoltà delle parti scegliere la legge applicabile al loro contratto".
Nei contratti tra professionisti, quindi, sono pienamente legittime le previsioni, incluse all’interno di un contratto online, contemplanti la determinazione del foro competente e della legislazione nazionale applicabile al contratto.
In mancanza di esplicita previsione contrattuale:
- foro competente: la competenza territoriale spetta al giudice dello stato ove il convenuto ha il suo domicilio;
- legge applicabile: si applicherà la legge ove ha sede rispettivamente l’impresa venditrice (in caso di vendita di beni) o il prestatore di servizi (in caso di vendita di servizi).
Controversie con un acquirente consumatore (B2C)
La questione è assai più complicata quando l’acquirente è un consumatore. In questo caso, infatti, la regole che sanciscono la libertà di scelta delle parti, nel definire la legge applicabile ed il foro competente, non sono applicabili.
Foro competente nelle transazioni B2C
Per identificare il giudice competente nei rapporti B2C bisogna distinguere a seconda che il consumatore rivesta il ruolo di attore o convenuto (l’attore è il soggetto attivo della causa, cioè colui che prende l’iniziativa di agire in sede giudiziaria; il convenuto, viceversa, è il soggetto passivo, cioè colui che è chiamato a difendersi).
- Il consumatore agisce in giudizio contro il venditore: il consumatore nelle vesti di attore della causa, a norma di quanto previsto dell’art. 16 del Regolamento CE n. 44/2001, ha la facoltà di scegliere dove citare il venditore, scegliendo tra:
- il Giudice del luogo dello Stato membro in cui egli è domiciliato (c.d. foro del consumatore);
- oppure quello del luogo in cui è domiciliato il convenuto.
- Il consumatore viene convenuto in giudizio dal venditore: l’art. 16 del Regolamento CE n. 44/2001 prevede, altresì, che il consumatore può essere citato in giudizio solo ed esclusivamente davanti ai Giudici dello Stato membro in cui è domiciliato.
Per quanto attiene alle transazioni nazionali, i principi enunciati sono i medesimi previsti in sede europea. L’art. 63 del Codice del Consumo, infatti, prevede che per tutte le controversie civili relative alla conclusione di contratti a distanza è competente il giudice del luogo di residenza o di domicilio del consumatore, se ubicati nel territorio dello Stato.
Volendo sintetizzare possiamo affermare che, per tutte le eventuali controversie, il consumatore non sarà tenuto a recarsi in un’altra città o in un altro Stato, ma potrà sempre rivolgersi al Tribunale o al Giudice di pace del luogo nel quale risiede o ha domicilio.
Questo principio è un’ulteriore forma di rafforzamento della posizione del consumatore il quale, come più volte ricordato nelle varie lezioni di questa guida, è considerato la parte debole del rapporto contrattuale.
E’ importante precisare che sono considerate vessatorie le eventuali clausole contrattuali che stabiliscono come sede del foro competente una località diversa da quella di residenza o domicilio del consumatore! Eventuali deroghe alle regole sopra esposte possono essere stabilite tra le parti solo per iscritto e solamente dopo al sorgere della controversia (non prima!).
Legge applicabile nelle controversie B2C tra soggetti di diversi stati
Per quanto riguarda la legge applicabile nelle transazioni online, il Regolamento CE n. 593/2008 (armonizzato con la direttiva 2011/83/UE) prevede che i contratti conclusi dal consumatore siano sottoposti alla legge del paese nel quale quest’ultimo ha la sua residenza abituale.
Anche nei rapporti B2C, le parti hanno facoltà di scegliere la legge applicabile (quindi possono parzialmente derogare alla regola generale appena esposta) ma il consumatore non può essere privato della protezione assicuratagli dalle disposizioni inderogabili della legge del luogo si sua residenza.
Disciplina fiscale del commercio elettronico
In che modo devono essere certificati i corrispettivi generati attraverso le transazioni online? A fronte di un acquisto deve essere emessa fattura, ricevuta o scontrino fiscale? Anche dal punto di vista della disciplina fiscale, l’e-commerce possiede alcune caratteristiche peculiari che l’aspirante imprenditore è tenuto a conoscere.
Per descrivere il trattamento fiscale del commercio elettronico è indispensabile effettuare una serie di distinzioni:
- tipologia della transazione: la disciplina fiscale varia a seconda che il negozio online effettui il commercio di contenuti digitali (ad esempio il download di file musicali o video) oppure di beni tradizionali;
- tipologia dell’acquirente: come più volte notato nel corso della nostra guida, è determinante distinguere le transazioni a seconda che l’acquirente sia un consumatore o un professionista;
- paese di destinazione: il trattamento varia a seconda che l’acquirente sia residente in Italia, in un altro Stato UE oppure Extra UE.
La disciplina fiscale delle vendite online è, purtroppo, assai complessa ed articolata e per una adeguata comprensione è indispensabile rivolgersi ad un professionista, tuttavia, nel limite del possibile, cercheremo di schematizzare le diverse situazioni in modo da consentirne la comprensione anche ai non addetti ai lavori.
Vendita di prodotti digitali (e-commerce diretto)
Ai fini IVA, le operazioni di cessione per via telematica di beni digitali, sia nei confronti di consumatori finali (B2C), che nei confronti di operatori economici (B2B), sono considerate prestazioni di servizi e, come tali, sempre soggette all’emissione della fattura. E’ tuttavia necessario distinguere diverse casistiche:
- Acquisto effettuato da un consumatore italiano o di altro paese UE: in tal caso il servizio si considera effettuato in Italia e, pertanto, si emette fattura comprensiva dell’aliquota IVA ordinaria;
- Acquisto effettuato da un consumatore extra UE: Il servizio si considera effettuato nel paese del committente, pertanto si dovrà emettere fattura senza applicazione dell’IVA italiana (indicando in fattura la seguente nota: "Operazione non soggetta ad IVA, articolo 7 septies, lett. i, DPR n. 633/1972").
- Acquisto effettuato da un’azienda o un professionista italiano: si emette una normale fattura con IVA;
- Acquisto effettuato da un’azienda o un professionista di altro paese UE: si emette fattura senza applicazione dell’IVA indicando nella stessa fattura la seguente nota: "Operazione in inversione contabile articolo 7-ter, comma 1, lett. a, Dpr 633/1972").
- Acquisto effettuato da un’azienda o un professionista extra UE: si emette fattura senza applicazione dell’IVA indicando nella stessa fattura la seguente nota: "Operazione non soggetta articolo 7-ter, comma 1, lett. a, DPR 633/1972").
Vendita di prodotti "fisici" (e-commerce indiretto)
La vendita avviene tramite un canale telematico ma l’oggetto della transazione è un bene materiale, di tipo tradizionale che deve essere fisicamente consegnato al cliente.
Per conoscere il trattamento fiscale delle transazioni di questo tipo è necessario distinguere tra diverse casistiche, alcune delle quali molto articolate.
La situazione, fortunatamente, non è particolarmente complessa per le vendite effettuate in Italia:
- Acquisto effettuato da un consumatore italiano: le transazioni sono assoggettate al regime previsto per le vendite per corrispondenza e, pertanto, si è esonerati dall’obbligo di fatturazione e certificazione; in altre parole, il venditore non ha l’obbligo di emettere fattura, ricevuta o scontrino a meno che ciò non sia esplicitamente richiesto dell’acquirente al momento dell’acquisto (il venditore sarà tenuto, tuttavia, ad annotare i corrispettivi giornalieri delle vendite, IVA compresa, nel registro dei corrispettivi).
- Acquisto effettuato da un’azienda o un professionista italiano: si emette una normale fattura con IVA;
Molto più complicate le casistiche riguardanti le vendite online di beni materiali diretti all’estero. In questo caso sono opportune ulteriori distinzioni.
Vendite effettuate verso soggetti residenti in altri Stati UE
Anche in questo caso occorre distinguere a seconda che l’operazione riguardi un privato consumatore o un professionista.
- Acquisto effettuato da un consumatore di altro paese UE: gli obblighi del venditore variano a seconda che abbia raggiunto, o meno, la cosiddetta "soglia", cioè un limite (compreso tra 35 mila e 100 mila Euro) che può essere stabilito da ciascuna paese membro. Nel caso si tratti di operazione "sotto soglia" si applicano le stesse regole viste per gli acquisti effettuati da consumatori italiani, viceversa (operazioni "sopra soglia") dovranno essere adempiuti specifici obblighi che prevedono l’accreditamento ai fini IVA nel paese UE interessato e l’emissione di una duplice fattura (una, per l’Italia, non imponibile IVA e l’altra, valida per lo specifico paese UE, con applicazione dell’aliquota prevista).
- Acquisto effettuato da un’azienda o un professionista di altro paese UE: quella che si configura è un’operazione intracomunitaria e si applicheranno le disposizioni previste dal D.L. n. 331/93. In particolare, l’operazione sarà da considerarsi non imponibile IVA pertanto il cedente emetterà fattura non applicando l’imposta (ma indicando che si tratta di operazione non imponibile ex art.41, D.L. n.331/93). Viceversa, l’acquirente effettuerà un acquisto intracomunitario nel Paese di destinazione del bene, assoggettando l’operazione ad IVA mediante il meccanismo del reverse charge. Sia il cedente che il cessionario compileranno il modello Intrastat.
Vendite effettuate verso soggetti extra UE
Nell’ipotesi in cui la cessione avvenga nei confronti di soggetti residenti in Paesi extra-UE, sia che si tratti di consumatori che di acquirenti professionali, si configurerà sempre un’operazione di cessione all’esportazione ex art.8, co.1, lett. a, DPR n.633/72.
Il venditore, pertanto, dovrà emettere fattura non imponibile IVA ex. art. 8 del D.P.R. n. 633/72 e dovrà presentare apposita dichiarazione in dogana (per acquisire il cosiddetto "visto uscire").
La tutela della privacy nel commercio elettronico
Un ulteriore aspetto da tenere in debita considerazione, quando si decide di lanciare un’attività di commercio elettronico, riguarda la tutela dei dati personali degli utenti del sito web. Attraverso la piattaforma di e-commerce, infatti, l’imprenditore acquisisce una serie di informazioni circa le persone che utilizzano il sito effettuando così un trattamento di dati personali du cui gli interessati devono essere edotti.
Le modalità con cui effettuare tale trattamento sono descritte all’interno del cosiddetto Codice della Privacy (introdotto col D.Lgs 196/2003) il quale prevede, innanzitutto, che venga fornita all’utente una dettagliata informativa circa il trattamento dei dati personali.
All’atto della compilazione del modulo di registrazione al sito o del formulario d’acquisto, pertanto, l’utente dovrà essere debitamente informato circa il trattamento dei suoi dati personali e dovrà prestare il relativo consenso. E’ frequente, a tal scopo, mostrare a video appositi avvisi. Ad esempio:
Inoltrando l'ordine d'acquisto l'utente dichiara di aver preso visione dell'informativa sulla privacy (link) e di prestare il proprio consenso al trattamento dei dati personali.
L’informativa sul trattamento dei dati personali
A norma dell’art. 13 del Codice della Privacy, l’informativa deve avere un contenuto minimo tassativo. In particolar modo l’informativa deve indicare:
- tipologia dei dati raccolti;
- finalità del trattamento;
- modalità del trattamento;
- natura obbligatoria o facoltativa del conferimento dei dati e conseguenze del mancato conferimento dei dati;
- soggetti terzi a cui possono essere comunicati i dati o che possono venirvi a conoscenza;
- diritti dell’interessato circa l’accesso e la modifica dei dati che lo riguardano, nonché di opporsi al loro trattamento;
- estremi identificativi del titolare del trattamento e della persona responsabile.
Attività di profilazione
Qualora il venditore intenda utilizzare i dati acquisiti per tracciare i profili degli utenti nonché per identificare le loro abitudini o scelte d’acquisto (attività cosiddetta di profilazione), dovrà darne esplicita comunicazione all’utente chiedendo, contestualmente, il suo esplicito consenso.
Di solito la finalità della profilazione consiste nel fornire all’utente contenuti pubblicitari/promozionali in linea con le sue preferenze. Nel caso dell’e-commerce, il titolare del negozio online potrebbe suddividere gli utenti in diversi gruppi cui inviare comunicazioni mirate in base ai loro gusti ed alle loro attitudini d’acquisto (ad esempio, un negozio online di prodotti alimentari potrebbe creare un gruppo di utenti interessati ad una dieta vegana cui proporre cibi adeguati, piuttosto che un gruppo di amanti della carne bovina cui proporre bistecche ad un prezzo scontato).
E’ importante ricordare che l’attività di profilazione – in quanto piuttosto "aggressiva" nei confronti della privacy degli utenti – è soggetta all’obbligo preventivo di notificazione al Garante della Privacy, questo significa che l’attività potrà essere avviata solo dopo aver concluso l’iter previsto sul sito del Garante.
Invio di comunicazioni tramite posta elettronica
In merito all’invio di comunicazioni tramite posta elettronica, bisogna distinguere due differenti casistiche a seconda che il titolare dell’e-commerce invii comunicazioni commerciali a:
- utenti iscritti al sito (o che vi abbiano già effettuato acquisti);
- utenti "non iscritti" e che non hanno mai espresso alcun consenso al ricevimento di comunicazioni pubblicitarie da parte del mittente.
Nel primo caso l’attività può essere considerata legittima a condizione che l’interessato (il destinatario del messaggio di posta elettronica) sia stato adeguatamente informato e non si sia opposto a tale attività (è diritto dell’interessato opporsi al trattamento in ogni momento).
Nel secondo caso, viceversa, l’invio dei messaggi di posta elettronica, aventi contenuto pubblicitario o commerciale, non è stato in alcun modo sollecitato dal destinatario configurandosi, pertanto, come spam. E’ importante ricordare, infatti, che il nostro ordinamento sancisce il principio del consenso preventivo del destinatario, senza l’acquisizione del quale non è possibile effettuare invii di messaggi pubblicitari tramite posta elettronica.
A tal proposito è appena il caso di ribadire che la semplice conoscibilità di fatto di un indirizzo di posta elettronica (ad esempio, in quanto pubblicato su un sito web, un forum o una chat) non legittima in alcun modo l’invio di messaggi pubblicitari.
E’ bene ricordare all’imprenditore, stuzzicato dall’idea di inviare messaggi non sollecitati al fine di promuovere il proprio negozio online, che tale pratica – oltre ad essere in contrasto con le disposizioni del Codice della Privacy – può essere classificata come pratica commerciale aggressiva ed essere sanzionata dall’AGCOM a norma dell’art. 27 del Codice del consumo.
Utilizzo di cookie
Quasi tutti i siti web, ed in particolare gli e-commerce, utilizzano i cookie (piccoli file di testo che il server web invia al client) per effettuare svariate operazioni, alcune delle quali rilevanti ai fini della privacy dell’utente.
In merito ai cookie si segnala all’imprenditore dell’e-commerce la necessità di adeguare il sito all’apposita normativa (che si inserisce, integrandola, nel contesto della normativa sulla privacy) per la quale si rimanda alla lettura dell’articolo dedicato alla "Cookie Law".