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Feedback on-line: la differenza tra diritto di critica e diffamazione

In questi anni sono proliferati in Rete i siti web che raccolgono le opinioni degli utenti sui più disparati servizi e prodotti. Un esempio di siti di questo genere sono i famosissimi Ciao.com e TripAdvisor (sito più volte al centro di battaglie legali e contestazioni).

Su siti di questo genere gli utenti sono invitati ad esprimere le proprie opinioni su aziende e ad effettuare recensioni di prodotti e servizi al fine di condividere con il popolo della Rete entusiasmi e delusioni derivanti da esperienze di shopping e non solo.

Quando si parla di feedback degli utenti, tuttavia, la questione si fa delicata in quanto eventuali pareri negativi possono essere causa di danni (anche ingenti) alle aziende ed ai professionisti recensiti che, spesso e volentieri, manifestano il proprio disappunto etichettando come "diffamatori" i commenti a loro contrari.

Ma quando un feedback negativo può essere considerato come l’esercizio di un sacrosanto diritto di critica e quando, invece, come un’attività diffamatoria (e pertanto illegittima e sanzionabile sia penalmente che civilmente)?

Feedback negativi e diritto di critica

Iniziamo col dire che postare un feedback negativo su Internet non può che essere visto come una delle possibili estrinsecazioni della libertà di pensiero garantita dall’art. 21 della Costituzione, secondo il quale "tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione".

Alla luce del disposto costituzionale, quindi, considerare a priori un feedback negativo come diffamatorio è senz’altro sbagliato. E’ assolutamente legittimo, pertanto, che un consumatore scontento possa sentirsi libero di maniferstare il proprio disappunto pubblicamente senza incorrere nel rischio di vedersi condannato per diffamazione.

Tale regola generale, tuttavia, patisce alcune eccezioni che è bene prendere in seria considerazione: dire che un feedback negativo è, in linea teorica, perfettamente lecito non significa che, in concreto, lo sia effettivamente. Ogni caso, di fatto, va valutato singolarmente e con la dovuta attenzione. Se da un lato, infatti, la costituzione tutela la liberà di critica dall’altro l’ordinamento giuridico non può (e non deve) dimenticare di offrire la giusta protezione anche ad altri diritti come quello di non vedere leso il proprio onore e la propria reputazione.

Più precisamente possiamo dire che il diritto di critica (legittimo) deve essere esercitato con pertinenza e continenza al fine di non uscire dalla sfera del lecito. Vedremo in seguito cosa significa.

Feedback negativi e diffamazione

Molte aziende, quando si ritrovano ad essere protagoniste di feedback negativi, tendono ad identificare tali commenti come diffamatori. E’ assai raro, infatti, che l’azienda faccia autocritica ed accetti volentieri (magari porgendo delle scuse) delle critiche pubbliche. Questo perchè tali critiche costituiscono, per l’azienda, un danno economico in quanto ledono l’immagine dell’azienda stessa presso la platea dei consumatori (con un conseguente decremento del giro d’affari).

Di fronte ad un commento negativo la reazione più comune è, infatti, quella di "gridare alla diffamazione" ma, come già chiaramente spiegato, non sempre è così. Molti feedback negativi, infatti, sono perfettamente leciti ed è insensato minacciare querele: parlare pubblicamente male di un prodotto o di un servizio, infatti, non è necessariamente diffamatorio ed è bene che molte aziende ne prendano atto.

Il feedback negativo, quando legittimo (nei termini che vedremo più avanti), infatti, dovrebbe essere visto dalle aziende non come un attacco da contrastare a tutti i costi ma come un momento di ascolto e di comprensione delle ragioni dei clienti. Rispondere pubblicamente ad un feedback negativo, infatti, potrebbe rivelarsi la migliore strategia di marketing in queste occasioni: se una spedizione è arrivata in ritardo, ad esempio, l’azienda può porgere le sue scuse oppure giustificare tale ritardo sottolinenando come questo sia dipeso del corriere piuttosto che ad un inconveninete del processo di spedizione. Insomma, minacciare la quarela non è sempre l’arma migliore in queste circostanze.

Il discorso, tuttavia, si fa ben diverso quando il feedback negativo supera i confini della legittimità e sfocia nell’insulto, nella menzogna o nella totale tendenziosità. In questi casi, viceversa, è lecito ipotizzare la violazione dell’art. 595 del codice penale che definisce, appunto, il reato di diffamazione:

"chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente, comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a lire due milioni. Se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a lire quattro milioni. Se l’offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a lire un milione. Se l’offesa è recata a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad una sua rappresentanza, o ad una Autorità costituita in collegio, le pene sono aumentate"

Da un punto di vista giuridico gli elementi costitutivi del reato di diffamazione sono, pertanto, i seguenti:

  • l’azione sanzionabile deve comportare l’offesta dell’altrui reputazione;
  • tale offesa deve essere frutto di una comunicazione (messa in atto dell’autore del reato) con una pluralità di persone.

Per quanto riguarda il nostro ambito specifico (i feedback on-line), inoltre, può considerarsi applicabile l’aggravante prevista dal comma 3 (mezzo stampa o altre forme di pubblicità).

Esistono circostanze, quindi, che consentono di identificare un feedback negativo come diffamatorio. Ciò accade quando l’opinione dell’utente è espressa in modo NON pertinente e/o NON continente e pertanto risulta ingiustamente lesiva dell’altrui reputazione.

Pertinenza e Continenza

Un feedback negativo si definisce pertinente quando sussiste un interesse pubblico alla sua diffusione. Questo vuol dire che in mancanza di tale interesse la recensione negativa rientrerebbe nella previsione dell’articolo 595 c.p.

Sussiste un interesse pubblico alla diffusione del pensiero di critica quando i fatti narrati potrebbero essere di utilità ad altri: dire, ad esempio, che un venditore spedisce la merce in ritardo è certamente legittimo (se vero) in quanto altri utenti potrebbero essere plausibilmente interessati a conoscere la puntualità dell’azienda prima di relazionarsi con essa.

Viceversa non sussiste un interesse pubblico quando la critica è fine a se stessa e formulata al solo fine di danneggiare la reputazione dell’azienda. Ad esempio, criticare il venditore dicendo che è un "ignorante" perchè risponde alle telefonate parlando in modo sgrammaticato potrebbe configurare il reato di diffamazione in quanto non sussiste alcun pubblico interesse nel diffondere critiche sulle qualità personali del gestore di un’attività che nulla hanno a che fare con la qualità e la correttezza della stessa.

Oltre ad essere pertinente, un feedback negativo deve anche essere continente, questo vuol dire che la narrazione dei fatti deve avvenire in modo corretto, senza cioè raccontare falsità e mantenendo sempre un approccio obiettivo (orientato ai fatti e non alle opinioni) ed educato.

Raccontare un esperienza fasulla (perchè mai avvenuta o avvenuta diversamente) potrebbe, pertanto, essere piuttosto rischioso, così come potrebbe comportare seri problemi una narrazione che, seppur veritiera, sia infarcita di insulti o di opinioni personali (e come tali opinabili).

Per fare un esempio: dire che un esperienza di shopping on-line si è conclusa male in quanto non si è ricevuto la merce ordinata e pagata è certamente "continente" mentre sarebbe molto meno "continente" sentenziare che il venditore è un ladro! (perchè, ad esempio, il nostro potrebbe essere un caso isolato e frutto di un semplice equivoco).

Alla luce di quanto detto possiamo affermare che la pubblicazione di un feedback negativo è sicuramente legittima quando:

  • sussite un interesse pubblico nella conoscenza dei fatti;
  • i fatti narrati sono veri e vengono descritti in modo preciso ed obiettivo;
  • il linguaggio e la terminologia utilizzata sono educati e non tendenziosi;
  • non vengono diffuse opinioni personali e giudizi (opinabili) ma si rimane nel confine della mera narrazione di quanto accaduto (lasciando al lettore il compito di trarne le dovute conclusioni).

Responsabilità del titolare del sito che pubblica un feedback negativo

Una questione molto spinosa riguarda la responsabilità o meno del gestore del sito o del blog su cui vengono pubblicati i commenti negativi.

Una prima precisazione risulta doverosa: ad essere in discussione non è la responsabilità del webmaster o del blogger per le opinioni espresse all’interno di articoli o post scritti di suo pugno (cosa per la quale valgono le regole viste sopra) ma l’eventuale responsabilità per le opinioni espresse da altri (gli utenti) attraverso strumenti (come ad esempio i commenti) offerti dalla piattaforma web.

Sebbene la giursiprudenza non abbia ancora espresso un orientamento univoco, personalmente reputo assolutamente infondati gli orientamenti di chi tende a considerare il titolare del sito o del blog come responsabile in solido in caso di diffamazione ad opera di commenti inseriti dagli utenti. Chi sostiene questa tesi, infatti, tende ad assimilare il webmaster/blogger alla figura del direttore responsabile di un giornale il quale risponde (per responsabilità oggettiva) di tutto quanto appare sulle pagine della pubblicazione.

Una simile equiparazione, tuttavia, sembra assolutamente inammissibile: un blog, infatti, non è una testata giornalistica ed ha delle caratteristiche molto diverse da quest’ultima. Nell’epoca di Internet considerare responsabile di un reato il titolare della piattaforma sul quale viene consumato è materià delicata ed il rischio di condannare un innocente è davvero molto elevato. Porre in capo al titolare del sito/blog l’onere di effettuare tutte le valutazioni tecnico/specialistiche al fine di definire la natura diffamatoria o meno di un commento, infatti, appare come un compito eccessivamente gravoso che avrebbe quale unica conseguenza la chiusura di molti siti e blog e la conseguente compressione della libertà della Rete.

Se un feedback negativo scivola nella diffamazione è giusto che l’azienda o il professionista che ne viene ingiustamente colpito si adoperi nelle opportune sedi per chiedere giustizia, ma sarebbe bene che le sue richieste si rivolgano contro l’effettivo autore del commento (identificabile in base ai suoi dati di connessione) e non contro il titolare della piattaforma web. Dal punto di vista di quest’ultimo, tuttavia, è bene attendersi un comportamento prudente che porti (ove possibile) alla censura di commenti palesemente diffamatori e/o privi di ogni fondamento.

Richieste di cancellazione: il webmaster cosa deve fare?

Capita spesso, quando si gestisce una piattaforma web che ospita feedback degli utenti, di scontrarsi con le aziende e coi professionisti oggetto delle recensioni meno positive.

Non è infrequente, infatti, che i titolari dei prodotti e dei servizi oggetto di feedback negativi contattino i gestori della piattaforma chiedendo la rimozione di tali commenti. In simili circostanze il gestore della piattaforma web si trova di fronte ad una scelta: 1) assecondare la richiesta oppure 2) rifiutarsi di cancellare il contenuto sostenendone la legittimità.

Dal punto di vista legale non esiste in proposito, in Italia, un orientamento preciso: molto spesso, al fine di non incorrere in guai giudiziari, si tende ad assecondare la richiesta ricevuta. Colossi come eBay e TripAdvisor sono soliti "fare spallucce" a richieste del genere ma, ovviamente, si tratta di multinazionali che non hanno alcun problema ad affrontare cause legali ed a pagare eventuali risarcimenti. Nel caso del piccolo sito e del piccolo blog una situazione del genere, invece, potrebbe rivelarsi pericolosa (o, quanto meno, fonte di ansia) quindi la scelta di assecondare le ire dell’azienda coinvolta si rivela quasi sempre la strada più facile da percorrere.

In attesa che il legislatore italiano si esprima in via definitiva sulla responsabilità o meno del gestore del sito per i commenti degli utenti, è bene dare atto che in sede europea qualche tendenza sta emergendo: la corte di Strasburgo, infatti, ha recentemente condannato il gestore di un sito web reo di non aver rimosso dei commenti palesemente diffamatori e lesivi dell’altrui reputazione. Secondo i giudici della corte, infatti, "i gestori sono gli unici che potevano impedire tali commenti o cancellarli, cosa che non poteva essere fatta né dagli utenti, né dalla parte offesa".

Un orientamento del genere, tuttavia, deve essere vautato ed interpretato con la dovuta prudenza essendo ammissibile solo in un caso (come quello di specie) dove l’offesa era palese mentre, viceversa, non sarebbe ammissibile in situazioni meno chiare in cui il commento si confonde tra l’essere l’espressione di un legittimo diritto di critica o la messa in atto (più o meno consapevole) di una strategia diffamatoria.

Conclusioni

In una materia del genere il consiglio non può che essere l’invito alla prudenza. Se siete soliti postare on-line feedback negativi su servizi e prodotti fatelo avendo cura di rispettare quei criteri di pertinenza e continenza che tracciano la linea di demarcazione tra ciò che è lecito e ciò che non lo è più.

Se siete i gestori di un sito, di un forum o di un blog che raccoglie tali recensioni, il mio suggerimento è semplicemente quello di spiegare per bene ai vostri utenti quando un feedback negativo è accettabile e quando non lo è più attuando (anche se la cosa potrebbe rivelarsi antipatica) una censura preventiva nei confronti di quei contributi degli utenti che siano palesementi difformi ai canoni del diritto di critica.

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Massimiliano Bossi
Massimiliano Bossi
Stregato dalla rete sin dai tempi delle BBS e dei modem a 2.400 baud, ho avuto la fortuna di poter trasformare la mia passione in un lavoro (nonostante una Laurea in Giurisprudenza). Adoro scrivere codice e mi occupo quotidianamente di comunicazione, design e nuovi media digitali. Orgogliosamente "nerd" sono il fondatore di MRW.it (per il quale ho scritto centinaia di articoli) e di una nota Web-Agency (dove seguo in prima persona progetti digitali per numerosi clienti sia in Italia che all'estero).

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